Scritto il 14 gennaio 2019

IL CASO GILLETTE: DAL CAN GET AL CAN BE.

Da sempre Gillette, unità commerciale di punta della Procter & Gamble, è sinonimo di volti lisci e impeccabili, sorrisi stampati su mascelle squadrate, uomini il cui successo comincia sin dalla rasatura.
Un nome che da più di 100 anni è legato principalmente a valori maschili, tanto che solo nel 2001 ha tentato un’incursione nel campo femminile con “Venus Original”, un rasoio pensato appositamente per le esigenze depilatorie delle donne.

Fin quando proprio nel 30° anniversario del lancio del suo mitico slogan – avvenuto nel 1989 attraverso uno spot trasmesso durante il Super Bowl XXIII – decide di modificarlo: e lo fa con un’operazione tanto grandiosa quanto rischiosa, dimostrando un coraggio non comune e puntando a posizionarsi evidentemente non più come brand-follower ma come brand-leader.

Siamo all’inizio del 2019, l’anno che segue all’esplosione del movimento #MeToo in reazione alle tante accuse di molestie sessuali a opera del potentissimo produttore cinematografico Harvey Weinstein.
È questo lo scenario in cui Gillette presenta il filmato pubblicitario “We Believe”: diretto da Kim Gehrig, comincia chiamando in causa proprio lo storico slogan “The Best A Man Can Get” (adattato in italiano con “Il Meglio Di Un Uomo”) mostrando scene di bullismo, sessismo, machismo.

In pratica tutti quei comportamenti che attualmente vanno sotto la definizione di “toxic masculinity”.
La domanda posta è semplice: davvero è questo “Il Meglio Di Un Uomo”, da liquidare con formule semplici come “sono cose da ragazzi” o “i maschi fanno così”? Con un riferimento diretto al #MeToo e una porzione dell’intervento all’United States Congress dell’attore Terry Crews – egli stesso vittima di molestie sessuali da parte del potente Adam Venit, agente della William Morris Endeavor Entertainment LLC – lo spot prosegue affermando “noi crediamo nel meglio degli uomini: nel dire la cosa giusta e comportarsi nel modo giusto perché i ragazzi che ci guardano oggi saranno gli uomini di domani”.

Da qui il nuovo slogan: “The Best The Man Can Be”, che può essere tradotto con “Ciò Che Di Meglio Può Essere Un Uomo”.

Le reazioni a questo fortissimo posizionamento sono state, ovviamente, diversissime: c’è chi ringrazia il marchio per essersi schierato chiaramente nella lotta al Patriarcato, c’è chi auspica che un filmato del genere possa spingere a riflettere il pubblico più trasversale e chi accusa Gillette di inseguire un trend che punta a femminilizzare gli uomini, azzerando le differenze di genere.

Tra tutte queste voci spicca il direttore della divisione del gruppo per il Nord America, Pankaj Bhalla, che ha dichiarato: “In quanto società che incoraggia gli uomini a essere al meglio, ci sentiamo in dovere di parlarne e agire. Abbiamo guardato realisticamente a ciò che sta accadendo oggi e puntiamo a ispirare il cambiamento”.

Un impegno non solo a parole ma anche concreto, come dimostra la creazione di un sito dedicato dove si scopre che Gillette donerà un milione di dollari all’anno per i tre successivi a organizzazioni statunitensi no profit impegnate nel formare positivamente le nuove generazioni. A giudicare dai commenti e dai “pollici verso” presenti nel video ufficiale caricato su YouTube la campagna rischia di rivelarsi un boomerang commerciale.

Ma ogni tanto c’è da ricordare che esiste qualcosa di più importante del profitto, anche in comunicazione: si tratta di coraggio, di creatività al servizio di una giusta causa, di sfidare i propri limiti per ridisegnarli. Anche con un rasoio.

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